lampadine

da Libertà, 13/03/2015

Gropparello: Matteo Corradini fa “parlare” oggetti e foto

GROPPARELLO – Nel Centro Auser di Gropparello si è tenuto un incontro per gli adolescenti intitolato “Lampadine sopra il letto… gli oggetti della memoria raccontano“, coordinato da Matteo Corradini, scrittore laureato in Lingue orientali e specializzato in lingua ebraica, che fa parte del team di lavoro del Museo Nazionale dell’Ebraismo e della shoah.
L’iniziativa, patrocinata dal Comune di Gropparello, si è svolta in collaborazione con l’Auser locale e con i Centri di aggregazione giovanile “Pacià” di Gropparello e “La Villa” di Carpaneto.

L’iniziativa inerente al “Giorno della memoria” era stata rinviata a causa del maltempo, ma come sottolinea Corradini «i valori del giorno della memoria sono importanti al di là del giorno stesso. Praticamente ho raccontato ai ragazzi la Shoa e lo sterminio degli Ebrei deportati attraverso la storia di alcuni oggetti, tra cui vecchie foto sia di Ebrei che di nazisti, il documento di una ragazza del conservatorio del ghetto Lwow, della quale ho ricostruito la storia, un clarinetto e un cucchiaio del ghetto di Terezin». I ragazzi, molto attenti, si sono dimostrati interessati: «Sono contento del clima che si è creato, i ragazzi sentono questi eventi molto lontani ed è nomale che sia così, siamo noi che dobbiamo un po’ alla volta avvicinare questi eventi. In questi incontri cerco attraverso alcune piccole ma importanti storie di ragazzi della loro età di far capire cosa è successo a tutti gli Ebrei, cercando di “formare” anche una sensibilità perché ho constatato che rispetto alla memoria a volte conta di più la sensibilità delle conoscenze anche perché raccontare l’intera storia della Shoa non è possibile».

Storie troppo lontane dalla nostra esperienza e dal nostro vissuto per permettere un’identificazione, ma è possibile capire la sofferenza anche di chi non si conosce. «Occuparci sono di noi e delle nostre sofferenze è troppo facile – afferma Corradini – occuparsi delle sofferenze di chi non si conosce è più complesso, ma è quello che ci rende davvero umani. Credo che l’argomento abbia toccato i ragazzi, che ognuno a modo proprio sia tornato a casa con qualcosa in più». Un arricchimento che si può palesare anche in un secondo tempo, a seconda della maturità di ciascuno dei ragazzi stimolati dall’interesse a dialogare con loro, come è solito fare Corradini durante questi incontri.
o. q.
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